Il
primo “esperimento” di OPERAPERTA, come già sapete, è stata una
rivisitazione della “Dama con l'ermellino” di Leonardo Da Vinci e
a me è stata assegnata la testa.
Dopo
aver accartocciato tre schizzi veloci, eseguiti senza pensare, per
vedere cosa mi suggeriva un approccio istintivo, ho rinunciato alla
spontaneità e sono andata a informarmi meglio su questa signora.
Alla fine a me interessano le persone e le loro storie, quindi perché
non andare a riscoprire proprio quella della dama?
Ho
letto che ci sono tre teorie su chi possa essere la donna dipinta dal
maestro, ma la più accreditata è che si tratti di Cecilia
Gallerani. Cecilia, che neanche sedicenne diventa amante di Lodovico
il Moro. Cecilia, che gli da un figlio. Cecilia, che viene
allontanata dalla corte degli Sforza quando la moglie di lui,
Beatrice D'Este, decide di aver sopportato abbastanza la presenza di
quella “puta” (nel senso di “bambina”, eh, mi raccomando!).
La
cosa che ho ritenuto più affascinante, però, è stato scoprire che
stavo per disegnare una ragazza intelligente, estremamente colta,
capace di creare attorno a sé un ambiente frequentato dalle più
grandi personalità dell'epoca, tra cui anche Leonardo Da Vinci: la
residenza del Bergamino, ultima dimora di Cecilia, divenne infatti
luogo di incontro per poeti, scrittori, filosofi, studiosi e
intellettuali.
Per
me, a quel punto, è stato un attimo capire come l'avrei disegnata.
Ho mischiato i suoi tratti e l'espressione del suo viso a quelli di
una donna degli anni '20, dall'aria beffarda e indipendente, e le ho
messo il cervello in evidenza, per ovvi motivi legati al suo amore
per la cultura e il pensiero.
Con
un tarlo tra le sue pieghe, però, metafora di una sofferenza, di un
pensiero che ogni tanto si muove in lei, facendole male. La medusa,
come altre figure antropomorfe, è una quasi costante dei miei
lavori. La uso come una delle rappresentazioni delle paure, delle
ansie e dei pericoli e in questo caso per esprimere la nostra
fragilità, perché un materiale gelatinoso e morbido, non è certo
in grado di proteggere una cosa preziosa e delicata come un cervello.
L'unico
elemento creato senza ragionarci sopra, ma emerso nel foglio come
naturale conseguenza, è stato il “cervelletto chignon”, trafitto
da spilli, come un gomitolo di lana.
Ma
come hanno vissuto i miei compagni d'avventura questa esperienza?
Come hanno approcciato il soggetto e soprattutto il loro “pezzo”?
Gliel'ho
chiesto.
“Perché
hai rappresentato la tua parte in questo modo?”
Vacon
Sartirani,
autore dell' “ermellino”, risponde: “Certi
tipi di escrescenze amorfe sono ormai parte inscindibile del mio modo
di pensare graficamente. Nel rappresentare l'ermellino, ho voluto
allontanarmi il più possibile da ciò che l'immagine dell'animale,
anche in senso anatomico e simbolico, si porta dietro. Ho voluto
mantenere invece alcuni altri elementi, come l'aura mortifera e
algida, che ho trasferito nel teschio.”
E'
vero, nei bei lavori di Vacon troviamo queste escrescenze. Vado sulla
sua pagina per capire meglio e leggo di larve, coralli, fantasmi,
apparizioni, corpi bozzoli... e di colore blu e di colore rosso. Due
elementi contrapposti a me familiari, fondamentali anche nei miei
lavori fino al 2011. L'interessante articolo di Gaia
Locatelli
mi conferma che questo artista e io abbiamo più in comune di quanto
pensassi. Guardo con attenzione i suoi quadri sul sito e sospetto
fortemente che siano porte dimensionali, ma per accertarmene dovrò
vederli dal vivo e mi dispiace ricordarmi di aver perso l'occasione
di farlo all'AvantGarden gallery, a Milano.
Alessandro
Sicioldr,
che ha disegnato il corpo della dama, è un meticoloso disegnatore,
interessato all'inconscio e alla relazione tra alchimia e psicologia.
Le sue influenze sono chiare e importanti. Dice
del suo lavoro: “Di
solito non rappresento qualcosa cerebralmente, ma trascrivo su carta
le visioni che ho a seguito di particolari suggestioni. In questo
caso il corpo della Dama, opera largamente inflazionata e impressa
staticamente nell'immaginario collettivo, è stato visto da me come
parte di un ciclo di decomposizione-putrefazione-creazione , una
rottura portatrice di nuova nascita, brani di carni che si distaccano
e che al tempo stesso creano l'humus per una germinazione al confine
tra il vegetale e l'animale.”
Adoro
la parola “visione”. E anche “germinazione”. Ma soprattutto i
disegni di Sicioldr, e sono molto curiosa circa le sue future
evoluzioni. E' pure molto giovane. Beato lui.
Dario
Molinaro
mi mette allegria. C'è qualcosa in lui che mi ricorda Paperoga.
Paperoga su un'amaca che si fuma un cannone e disegna nuvole col
dito.
Anche
Dario è un narratore, uno storyteller, come me, e riconosco alcune
delle influenze comuni. In lui quella di Andrea Pazienza è ancora
più presente, ma si avverte solo nella potenza espressiva, perché la sua
individualità è forte, non si porta dietro nessun fastidioso
strascico.
Alla
mia domanda, risponde così: “Ciao,
diciamo che un perché vero e proprio non esiste. L'opera originale
non ha uno sfondo, c'è un nero-nero-buio; quindi ho semplicemente
cercato di ricavare un qualcosa da quel nero, forse il sottobosco che
ho rappresentato era la scelta più ovvia. Prima di arrivare a questo
finale, però, ho fatto varie prove che non mi convincevano affatto.
Probabilmente l'ermellino, che vive specialmente nei boschi, mi ha
dato l'ok.”
Ne
sono sicura, Dario. E' stato l'ermellino, io lo so.
Il
bosco creato da Dario è uno di quelli nei quali io mi avventurerei.
Mi sono persa a guardarlo più di una volta, entrando volontariamente
nella parte più fitta e forse lo farò ancora, anche se, lo ammetto,
un filo di paura ce l'ho avuta.
Adesso
però è arrivato il momento di passare all'art director, Francesco
d'Isa,
ideatore di operaperta. Francesco
è un artista digitale, che mischia delicatezze e durezze in un modo
e con uno stile che trovo molto accattivante. Mi piacciono le sue
donne-aliene, di cui lui lascia vedere, in trasparenza, un'anatomia
impossibile, ricca di significati e simboli. Credo comunque che il
suo capolavoro sia “Europa”, per la cui realizzazione ha
impiegato mesi e per il quale si è fatto venire un'altra idea:
Sliced Art...
Ma
questa è un'altra storia e ve la dovrete cercare da soli, perché se
comincio ad aprire parentesi su Francesco, è quasi certo che questo
articolo non avrà mai fine!
Gli
ho chiesto quale sia stata la parte più esaltante di questa prima
avventura del progetto.
“Vedere
i vostri pezzi che arrivavano via via, li aspettavo come regali di
natale” risponde lui, “Ma anche montare il risultato è stato
bello; questa è una fase in cui aumenterò gli interventi dell'art
director, perché mi veniva una gran voglia di disegnarci qualcosa, e
penso che così come a me venga anche ad altri!”
Lo
penso anche io. La tentazione di intervenire sull'opera deve essere
forte, per qualcuno che, come lui, è anche un'artista visivo.
Ma
chi è che può fare l'art director?
Francesco
D'Isa:
“Chiunque.
Ma per fare l'art director, così come per fare l'artista, bisogna
essere bravi. Con un cattivo art director e/o cattivi artisti, si
generano opereaperte brutte. Per questo, per quel che posso, cerco di
tirare dentro artisti bravi e quando qualcuno vuol fare l'art
director, vorrei che fosse bravo.
Ma
chiunque può usare il metodo operaperta. Non c'è copyright. Come
sola regola direi che nel gruppo "originale" si tira dentro
chi ci piace.
Se
poi uno lo vuol fare per conto suo, ben venga. Sulla definizione di
"bravo" poi, mi tiro indietro.”
Giusto.
Questa è operaperta. Chiunque può avere un'idea e coinvolgere chi
vuole.
So
che in pentola sta bollendo pure la creazione di un sito, che offrirà
ulteriori delucidazioni. Intanto c'è un altro lavoro che sta
partendo e forse altri, silenziosamente, si stanno stagliando nelle
altrui menti, magari dall'altra parte del mondo.
“Cosa
pensi del risultato finale di questa prima operaperta?”
Francesco
D'Isa:
“Penso quello che rende un progetto una soddisfazione: che è
meglio di come pensavo sarebbe venuto. Mi sembra un bel lavoro, a
priori del metodo, e questo è l'importante. È omogeneo più del
previsto, e a mio parere gli stili non cozzano affatto l'uno con
l'altro.
Vacon
Sartirani:
“Abbiamo dato il giusto avvio ad un progetto che ha potenzialità
molto ampie e che aspettano di essere sperimentate. Il lavoro
collettivo è uno dei punti cardine dell'arte contemporanea – penso
anche alla street art, campo in continua ascesa e da sempre
fortemente caratterizzato da una forte collettivizzazione del
processo creativo, anche per motivi di necessità puramente tecniche
– che però al di fuori, appunto, dell'arte murale secondo me non è
stato ancora sufficientemente analizzato da parte dell'arte visiva.”
Alessandro
Sicioldr:
“Ne sono entusiasta. I lavori collettivi, per quanto differenti
dallo stile della mia ricerca personale, aprono sempre nuove porte.
La collisione tra varie idee e visioni permette cambi di prospettiva
interessanti, e questa opera ne è il palese esempio. Anche le
differenti tecniche grafiche, fuse tra loro hanno creato una Dama
"Frankestein" con una sua propria vitalità, un suo stile e
una sua coerenza.”
Dario
Molinaro: “Sai,
non avevo in mente (nella mia immaginazione) il risultato finale di
questa opera...siamo tutti molto diversi, era difficile trovare un
equilibrio compositivo, ma devo dire che il risultato c'è e si vede.
dovrebbero esserci più lavori collettivi come questo (anche se sono
un disegnatore solitario). massì, disegniamo tutti assieme,
sporchiamo fogli, divertiamoci e amiamoci.”
La
mia opinione la conoscete già. Posso solo aggiungere che in questo
gruppo siamo un po' tutti dei solitari, per quel che ho potuto
capire, e che probabilmente, stragodiamo del piacere dello stare con
noi stessi mentre si crea. E' anche vero che Operaperta non toglie
questo piacere, ma in qualche modo può riuscire ad “unire anime”
o chissà, a “riunirle”, donando loro una sorta di figlio al
quale non possono che voler bene.
E'
un'esperienza da fare. E da rifare, e stare a vedere cosa diventa nel
tempo.
“Amiamoci”,
dice Dario... ma sì! Che bello!
Almeno
proviamoci.